Mortalità per cause neoplastiche nel periodo 2010 - 2022 età 15 e 44 anni nel Regno Unito

10/04/2024

VACCINI mRNA antiCOVID-19 e RISCHIO CANCEROGENO: UN INQUIETANTE SOSPETTO

(Ultimo aggiornamento: 10/04/2024)

VACCINI mRNA  antiCOVID-19 e RISCHIO CANCEROGENO: UN INQUIETANTE SOSPETTO

Patrizia Gentilini

Fondazione Allineare Sanità e Salute

Introduzione

Numerosi sono a tutt’oggi gli interrogativi circa la sicurezza dei vaccini a mRNA anti COVID-19 (Pfizer-BioNTech e Moderna) dal momento che questa tecnologia - conosciuta e studiata da oltre 20 anni come terapia di alcune forme tumorali senza particolare successo - è stata utilizzata per la prima volta su soggetti sani nel corso della recente pandemia attraverso “vaccini” da somministrare fin dai primi mesi e in tutte le età della vita anche a soggetti fragili e donne in gravidanza, nonostante queste categorie fossero state escluse negli studi registrativi. Inoltre non sono stati condotti preliminarmente studi di cancerogenicità e genotossicità e lo studio registrativo randomizzato controllato del vaccino di Pfizer/ BioNTech - che ha riguardato 43.448 soggetti di cui metà ha ricevuto il vaccino e l’altra metà un placebo salino - è stato interrotto dopo meno di 3 mesi offrendo al gruppo placebo la possibilità di vaccinarsi e perdendo quindi ogni possibilità di conoscere le ricadute a medio - lungo termine anche rispetto alla cancerogenesi. Gli scarsi risultati ottenuti nella cura del cancro con vaccini a mRNA erano dovuti essenzialmente alla rapida degradazione del prodotto che, una volta iniettato, innescava una forte risposta immunitaria. Nel caso dei vaccini anti COVID-19, l’mRNA è stato reso molto più stabile grazie alla sostituzione delle basi uridiniche con pseudo uridina, ψ, base non presente in natura nell’mRNA delle cellule eucariotiche e ritrovabile raramente nella struttura secondaria di un altro tipo di RNA, l’RNA transfer, che agisce a valle dell’mRNA nella sintesi proteica. L'incorporazione di N1-metilpseudouridina (1-metilΨ) negli acidi ribonucleici messaggeri (mRNA) - scoperta che ha valso il Nobel 2023 per la Medicina - influisce tuttavia sul frameshifting (scivolamento) ribosomiale e quindi  sulla fedeltà complessiva della traduzione dell'mRNA, con possibili conseguenze indesiderate e difficilmente prevedibili sulla sintesi proteica, come riportato in questo recente lavoro (1). Inoltre l’incapsulamento in nanoparticelle lipidiche (LNP) dell’mRNA del vaccino Pfizer-Biontech non solo ne permette la diffusione sistemica, in particolare - dopo 48 ore - a livello ovarico e del midollo osseo (vedi Fig.1), ma può anche innescare patologie su base autoimmunitaria nei vari distretti dell’organismo raggiunte dalle LNP, di per sé caratterizzate da una intrinseca citotossicità, come dettagliatamente riportato qui (2).

Figura 1

Biodistribuzione oraria della concentrazione dei nanolipidi dopo somministrazione di vaccino Cominarty BioTech Pfizer  ( da informazioni raccolte tramite accesso agli atti)

biodistribuzione vaccini

Proprio sulle alterazioni del sistema immunitario si è focalizzata l’attenzione dei ricercatori per  comprendere la varietà di effetti avversi segnalati a seguito della somministrazione di vaccini anti COVID-19 (vedi Covid 19 -La risposta immunitaria innata al SARS-CoV2 e anche Covid 19 - La risposta immunitaria acquisita (adattativa) al SARS-CoV 2)  . Pur in assenza di una farmacovigilanza attiva, numerosi sono gli eventi avversi segnalati già dopo pochi mesi dall’inizio della campagna vaccinale ed anche di recente riportati (3,4): infarto miocardico acuto, paralisi di Bell, trombosi del seno venoso cerebrale, sindrome di Guillain-Barré, miocardite/pericardite (soprattutto in età più giovane), embolia polmonare, ictus, trombosi con sindrome da trombocitopenia, linfoadenopatia, appendicite, riattivazione dell'herpes zoster, complicanze neurologiche e sulla salute riproduttiva,  nonché comparsa di fenomeni di autoimmunità  quali epatite autoimmune e neuropatie periferiche autoimmuni.

Una accurata revisione di potenziali eventi avversi sia in individui già affetti da malattie autoimmuni che sani a seguito  di vaccinazione anti COVID-19 a mRNA è qui riportata (5). Perplessità sulla sicurezza complessiva di questi prodotti giungono anche da un recente lavoro che ha indagato una probabile relazione tra la diffusione della vaccinazione contro COVID-19 in 31 paesi europei nel 2021 e l’eccesso mensile di mortalità per tutte le cause nel 2022. La mortalità per tutte le cause durante i primi 9 mesi del 2022 è infatti aumentata maggiormente nei paesi con una maggiore diffusione della vaccinazione nel 2021. Un aumento di un punto percentuale nella copertura vaccinale nel corso del 2021 è risultato associato a un aumento mensile della mortalità nel 2022 dello 0,105% (IC 95%, 0,075-0,134) e la relazione è rimasta forte dopo l'aggiustamento per fattori alternativi (6).

 In base alle attuali conoscenze non vi è ancora certezza circa una potenziale azione cancerogena dei vaccini mRNA contro COVID-19, ma si ritiene che il problema meriti di essere affrontato data l’amplissima fascia di popolazione cui sono stati somministrati, compresi giovani e bambini e le conoscenze che via via si accumulano circa i molteplici e complessi effetti  esercitati da questi prodotti. L’importanza del tema è testimoniata anche da questo recente ed ampio studio che riporta la plausibilità biologica dell’azione cancerogena dei vaccini mRNA e ricorda che il principio fondante della medicina è “primum non nocere” e nelle cui conclusioni si auspica che gli standard scientifici per l’approvazione di farmaci (specie a scopo profilattico) mai dovrebbero essere abbassati, anche in presenza di eventi eccezionali quali la recente pandemia (7).  La tecnologia mRNA è vista come soluzione anche per vaccini contro malaria, tubercolosi e HIV/AIDS, ma alcuni potenziali dei meccanismi pro-oncogenici sono intrinseci alla metodica stessa ed  esistono problemi di sicurezza dei nanomedicinali che si dovrebbero tempestivamente affrontare. I nanomateriali non sono affatto scevri da preoccupazioni e il “Comitato Scientifico dei Rischi Sanitari Emergenti e recentemente Identificati” (SCENIHR) ha riconosciuto che, almeno per alcuni di essi, esistono rischi provati per la salute umana ed ha dedicato al problema un’ampia trattazione[1]. I nanomateriali, grazie alle loro dimensioni dell’ordine del milionesimo di millimetro possono infatti attraversare qualunque membrana cellulare e intracellulare (mitocondriale e nucleare) e raggiungere qualunque distretto dell’organismo. Effetti nocivi dei nanomateriali sono stati riscontrati nei polmoni e comprendono, tra l'altro, infiammazioni, danni ai tessuti, fibrosi, insorgenza di tumori, ma anche il sistema cardiovascolare può essere coinvolto. Desta stupore il fatto che, mentre esiste una legislazione che si occupa della protezione della salute per l’utilizzo di nanomateriali in processi industriali e prodotti di uso quotidiano, non risultano esserci viceversa vincoli quando i nanomateriali vengono utilizzati in campo farmaceutico; questa importante questione è stata dettagliatamente affrontata in un recentissimo  lavoro (8).

 Purtroppo la letteratura scientifica circa un potenziale effetto oncogeno di tali vaccini contro COVID-19 è scarsa, mancano studi epidemiologici e sperimentali e, al momento, sono stati pubblicati quasi solo Case Report, che saranno comunque presi in considerazione.

Data l’importanza dell’argomento si ritiene utile riportare anche dichiarazioni pubbliche di ricercatori/oncologi  o informazioni da siti che hanno ripreso da fonti ufficiali dati aggiornati in merito ad incidenza/mortalità per cancro, specie in giovane età.

Vaccini mRNA antiCOVID19, Sistema Immunitario  e  Rischio Cancerogeno

Appare verosimile che almeno parte degli effetti avversi che compaiono dopo la somministrazione di vaccini COVID-19 siano da attribuire sia all'azione proinfiammatoria delle nanoparticelle lipidiche utilizzate e dell'mRNA rilasciato nonché agli antigeni di conseguenza prodotti: proteina spike (S) e/o sue subunità/frammenti peptidici nei tessuti (9).

 E’ ormai acclarato che sia la Spike “naturale” che quella da vaccino sono tossiche (10), ma quest’ultima appare più persistente (quindi più pericolosa) per la presenza di una doppia Prolina che le conferisce maggior stabilità, permettendo tuttavia così la distinzione fra effetti avversi prodotti dalla Spike vaccinale e quella da infezione naturale (11) (vedere Coronavirus - Classificazione, struttura, epidemiologia, vie di trasmissione, manifestazioni cliniche- Una panoramica d'insieme).

Inoltre, in presenza di infezione naturale, il virus può penetrare solamente nelle cellule in cui è presente ACE2, il recettore della Spike, mentre coi vaccini, grazie ai nanolipidi, la penetrazione dell’mRNA  - e quindi la produzione di Spike-  può interessare qualsiasi cellula del corpo. In presenza di infezione naturale poi il sistema immunitario reagisce in maniera fisiologica, sviluppando una immunità più duratura rispetto alla vaccinazione e più a largo spettro, in quanto diretta non solo contro la Spike, ma contro l’intero capside virale.  Un’ampia revisione di letteratura ha evidenziato come la stragrande maggioranza degli individui che contrae COVID-19 sviluppi un’immunità naturale sia di tipo cellulo-mediato che umorale, che risulta efficace nel tempo e offre una preziosa protezione sia contro la reinfezione che contro malattia grave. L’infezione naturale comporta infatti la comparsa di anticorpi neutralizzanti fino ad oltre 1 anno dall’infezione, una maggior produzione di IgA a livello delle mucose e di cellule della memoria rispetto alla vaccinazione (12).

In seguito all’utilizzo di vaccini mRNA contro COVID19 si registrano viceversa profonde alterazioni del sistema immunitario con alterazioni sia nelle popolazioni cellulari che nella produzione di citochine, con conseguenze negative non solo sul contrasto a patologie infettive, ma anche nella sorveglianza immunitaria di cloni neoplastici.

Il cancro al tempo della pandemia

Il  cancro rappresenta la seconda causa di morte nel mondo dopo le malattie cardovascolari ed in Italia è responsabile del 27% di tutti i decessi,  la sua incidenza è in costante aumento a livello globale, ma un singolare  e preoccupante incremento è stato segnalato in diversi paesi negli anni più recenti. In Italia  il Report “I numeri del cancro in Italia 2023”[2] stima che nel nostro paese nel 2023 siano 395.000 i nuovi casi di tumore (ad eccezione dei tumori della cute diversi dal melanoma), di cui 208.000 nuovi casi negli uomini e 187.000 nelle donne con un incremento di oltre 18mila casi in 3 anni. Nel 2022 erano, infatti, state stimate 390.700 nuove diagnosi di tumore (205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne) mentre nel 2020 erano state circa 377.000 (195.000 negli uomini e 182.000 nelle donne). Si tratta purtroppo di stime elaborate dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e dal Sistema Europeo d’Informazione sul Cancro (ECIS) in quanto,  con l’istituzione del Registro Tumori Nazionale [3]  l’AIRTum (Associazione Italiana Registri Tumori)  non detiene più un archivio stanziale dove far confluire i dati raccolti dai registri accreditati. L’incremento dei casi di cancro viene  attribuito a vari motivi, quali ritardi negli screening o nelle terapie registrati per i look down, ma come vedremo anche altri fattori –legati alle vaccinazioni antiCOVID19 -  potrebbero essere implicati.

Un lavoro in pre print (13) che prende in esame  i dati ufficiali dell’Office of National Statistics (ONS) del Regno Unito riporta un incremento preoccupante di decessi per cancro nell’età 15-44 nel corso del 2021 e  del 2022 rispetto ai 10 anni precedenti  (vedi Fig.2).

 

Figura 2

Mortalità per cancro 2010 - 2022  fra 15 e 44 anni in UK

Tassi su 100.000 (dati ONS)

 

mortalita covid post 2020

 

Come si vede nella fascia di età 15-44 anni il tasso di mortalià dal 2010 al 2019 mostrava una lieve ma costante riduzione: da 15 casi annui su 100.000 soggetti a circa 12.8 casi/anno, con una  diminuzione del 14.7% ed  anche nel 2020 perdura lo stesso andamento. Viceversa nel 2021 e 2022 si registra una netta inversione di tendenza e nel  giro di questi 2 anni si raggiungono e si superano i tassi del 2010 , tanto che l’incidenza nel 2022 è pari a 17.5  su 100.000 con un incremento pari all’11.7% rispetto al 2010. Una ulteriore elaborazione dei dati ONS[4],  ha permesso di valutare, sempre fra i 15 e i 44 anni, le forme tumorali per le quali vi è stato il maggiore eccesso di mortalità nel corso del 2021 e 2022 rispetto ai 10 anni precedenti (vedi Fig.3). Emerge che gli eccessi sono crescenti dal 2021 al 2022, anno in cui al primo posto come eccesso di morte  per cancro risulta essere il melanoma  con un eccesso di mortalità  rispetto ai 10 anni precedenti del 74%, seguito dal cancro al colon con un eccesso del 49.7%, dal cancro alla mammella con un eccesso del 27.8 e dai tumori cerebrali con un  eccesso del 25.3%.

 

Figura 3

Eccessi di mortalità fra 15-44 anni in UK per vari tumori  nel 2020-21-22  rispetto ai 10 anni precedenti nel Regno Unito (dati ONS)

eccesso mortalità in uk

 

Anche in Svizzera, in base ai dati di Helsana[5], principale assicurazione privata del paese, l’economista Kostantin Beck, dell’Università di Lucerna, ha denunciato un aumento del 65% di persone che  hanno richiesto farmaci antitumorali nel 2021- 2022 rispetto ad 8 anni precedenti, passando da una media di 92.447 soggetti/anno a 153.092 (vedi Fig 4).

Beck correla il dato con l’avvio delle vaccinazioni contro COVID19, respingendo l’idea che  COVID-19 possa averlo causato poiché nel 2020, anno della pandemia, il numero di soggetti che hanno richiesto farmaci antitumorali non si discostava dagli anni precedenti.

 

Figura 4

Numero di persone che hanno ricevuto farmaci antitumorali in Svizzera (2013 -2022)

 Aumento del consumo di farmaci in svizzera

 

 

Vi sono poi testimonianze e/o dichiarazioni pubbliche di esperti oncologi/ricercatori/scienziati in merito all’incremento dei tumori, già dal 2022, che sono di seguito riportate.

Ute Kruger, patologa svedese esperta di tumori mammari, nell’agosto 2022 ha coniato il termine “Turbo Cancer” per indicare tumori molto aggressivi, di grandi dimensioni, spesso in giovane età, , comparsi entro pochi mesi dalla vaccinazione, che sempre più frequentemente osservava,  ma anche recidive di tumori già trattati con successo o in remissione da anni. Inizialmente la Kruger ne aveva attribuito la causa a ritardi diagnostici per il lockdown, ma  trascorso quel periodo, la situazione non si era modificata (14).

Nel novembre 2022 Angus Dalgleish Direttore del Di­partimento di Oncologia della St George’s University di Londra ha scritto una lettera aperta al British Medical Journal riportando una analoga esperienza e denunciando l’inconsueta ripresa di tumori o la comparsa ex novo a seguito della vaccinazione a mRNA scrivendo: “Come oncologo praticante sto vedendo persone con malattia stabile progredire rapidamente dopo essere state costrette ad avere un richiamo, di solito per poter viaggiare. Anche all'interno dei miei contatti personali sto vedendo malattie insorte sulle cellule B dopo i richiami. …uno sviluppa la leucemia, due colleghi di lavoro Linfoma non-Hodgkin e un vecchio amico che si è sentito come se avesse avuto Long Covid da quando ha ricevuto il suo richiamo e  cui, dopo aver avuto un forte dolore osseo, sono state diagnosticate come affetto da metastasi multiple da una rara malattia delle cellule B. Sono abbastanza esperto da sapere che questi non sono gli aneddoti casuali che molti suggeriscono, soprattutto perché lo stesso modello si sta vedendo in Germania, Australia e Stati Uniti...”  (15)

Più recentemente la Dott.ssa Janci Lindsay davanti al Senato U.S.A. (16) ha affermato  che nel materiale genetico dei vaccini a mRNA si sono trovate sequenze contaminanti derivanti dal processo di produzione, quali DNA del virus SV40. Si tratta di un  virus delle scimmie appartenente alla famiglia Poliomavirus,  che ha un importante ruolo oncogenico in quanto agisce inattivando il gene oncosoppressore p53. La proteina p53 svolge un ruolo fondamentale nel garantire l’integrità del genoma, in quanto rileva la presenza di DNA danneggiato e arresta le cellule nella fase G1 del ciclo cellulare, permettendo che si attuino i processi di riparazione prima che il DNA alterato si replichi e sia trasmesso alle cellule figlie.

Phillip Buckhaults, Direttore del Cancer Genetics, il 19 settembre 2023 ha testimoniato davanti alla Commissione per gli Affari Medici del Senato degli Stati Uniti, affermando che il vaccino anti-Covid di Pfizer, oltre a contenere mRNA, è contaminato con DNA plasmidico, dotato di  potenziale rischio oncogeno, sostenendo che questo sia il vettore utilizzato per la trascrizione dell’mRNA, e dichiarando categoricamente: “So che è vero perché l’ho sequenziato io” (17).

Vaccini mRNA COVID-19  e cancro: ipotesi eziopatogenetiche e dati di letteratura

Attualmente sono noti molteplici meccanismi con cui tali vaccini a mRNA COVID-19 potrebbero esercitare una azione cancerogena, inducendo sia la comparsa ex novo di tumori, anche molto aggressivi, che facilitando la ricomparsa di neoplasie in remissione. Le principali ipotesi sul potenziale ruolo cancerogeno dei vaccini mRNA provengono da studi in vitro e in vivo che hanno indagato le modifiche indotte sul sistema immunitario. mRNA. Alcune delle valutazioni che saranno riportate riguardano lavori sperimentali condotti utilizzando la Spike da virus naturale, ma data la affinità fra questa e quella prodotta dai vaccini mRNA, non appare improprio trasferire tali conoscenze anche alla Spike indotta dai vaccini mRNA.

Infine sono stati reperiti 26  Case Report relativi alla comparsa o riaccensione di tumori, specie a carico del sistema emopietico, a brevissima distanza dalla somministrazione di vaccini anti COVID-19: anche se la valenza scientifica di aneddoti è modesta, la loro segnalazione appare comunque opportuna.

IgG4 e cancro

Nelle malattie tumorali l’immunità umorale è sempre stata considerata di scarsa importanza rispetto a quella cellulare. In realtà già oltre 20 anni fa erano comparsi lavori  che segnalavano come le IgG4 fossero generate localmente nel melanoma, svolgendo un ruolo importante nel sottrarre il tumore al controllo del sistema immunitario e facilitandone quindi lo sviluppo (18, 19). Nel siero di adulti sani le IgG1, le IgG2, le IgG3 e le IgG4 rappresentano rispettivamente circa il 65%, il 25%, il 6% e il 4% del pool totale di IgG, ma queste proporzioni possono essere alterate in alcuni contesti patologici.

In particolare un’aumentata produzione di IgG4 è normalmente associata a un'esposizione prolungata agli antigeni, ed è stato riportata la loro interazione con gli anticorpi delle classi IgG e IgE attraverso i loro domini Fc. Le IgG4 sono  di fatto dotate di “bifunzionalità” in quanto possono sopprimere o arrestare l'infiammazione competendo con le IgE infiammatorie per il legame con l'antigene in caso di allergie e infezioni da elminti e parassiti filariali o,  al contrario, le IgG4 possono portare a malattie gravi  sia autoimmuni (20)  che tumorali, svolgendo un ruolo essenziale nella  “evasione immunitaria”  del tumore, sottraendolo alla immunità cellulare.

Il doppio ruolo delle IgG4 può risultare importante ad esempio nel rendere via via sempre meno suscettibili gli apicoltori al veleno delle api, ma nel caso del cancro il loro ruolo non è benefico. In una coorte di individui con cancro esofageo, le cellule B che producono alte concentrazioni di IgG4 erano marcatamente aumentate sia nelle cellule maligne che nei campioni di siero dei pazienti e questo si associava una maggiore malignità ed una prognosi più sfavorevole (21).

Anche il colangiocarcinoma extraepatico e il cancro del pancreas sono risultati infarciti di infiltrati plasmatici di cellule B con elevati livelli di IgG4 nel tessuto tumorale, che hanno ostacolato le risposte antitumorali cellulo mediate, aiutando il cancro a bloccare la risposta immunitaria locale e facilitando la sua progressione. Su topi immunocompetenti si è confermato che somministrazione locale di IgG4 accelera notevolmente la crescita di tumori del colon-retto e della mammella, nonché di papillomi cutanei causati da agenti cancerogeni.

Diversi studi indicano che ripetute vaccinazioni a mRNA contro COVID-19 spostano la risposta anticorpale verso la sottoclasse IgG4 con una diminuzione dell'attività effettrice FcγR-dipendente ed un aumento della letalità in caso di malattia da COVID-19 (22, 23). In coorti di sanitari sani si è dimostrato, diversi mesi dopo la seconda dose,  che gli anticorpi specifici per SARS-CoV-2 erano sempre più composti da IgG4 non infiammatorie, che sono risultate ulteriormente potenziate da una terza vaccinazione a mRNA e/o da infezioni di varianti SARS-CoV-2.  Gli anticorpi IgG4 tra tutti gli anticorpi IgG spike-specifici sono aumentati in media dallo 0,04% poco dopo la seconda vaccinazione addirittura quasi al 20% (19,27%) dopo la terza vaccinazione (24). In conclusione l’incremento delle IgG4 a seguito di ripetute somministrazioni di vaccini mRNA è indubbia e ciò genera preoccupazione per la “protezione” che svolgono,  sottraendo cloni tumorali all’azione citotossica .

Sovraespressione della proteina di morte cellulare 1 (PD-1, CD279),

Come ben noto il sistema immunitario si fonda sul bilanciamento fra  difesa immunitaria e mantenimento dell’autotolleranza grazie all’attivazione di una rete complessa di cellule che comunicano fra loro attraverso liberazione di citochine e altri mediatori. Nell’ambito della soppressione della risposta immunitara  svolge un ruolo importante la proteina programmata di morte cellulare 1 (PD-1, CD279), che si trova tipicamente sulle cellule T, sulle cellule B mature e su altre cellule immunitarie. I suoi ligandi sono regolarmente espressi su cellule presentanti l'antigene come cellule dendritiche e macrofagi e dopo l'attivazione di monociti e granulociti si osserva una sovraregolazione di PD-L1. Si è dimostrato di recente che l'espressione di PD-L1 nei granulociti e monociti periferici degli individui vaccinati è significativamente più elevata rispetto ai non vaccinati e questo comporta una immunosoppressione delle cellule T, che svolgono un importante ruolo nella sorveglianza contro il cancro (25).

Interazione tra subunità S2 della proteina Spike “naturale” con geni oncosoppressori P53 e BRCA1 e BRCA2.

Si tratta di geni importantissimi che controllano la proliferazione cellulare e il riparo del DNA, agendo da freno sulla moltiplicazione incontrollata delle cellule anomale, frequentemente mutate nei tumori umani (26). Data la affinità della Spike da virus naturale con quella vaccinale (ancor più persisteente e duratura),  non è improprio ipotizzare che anche questo meccanismo si realizzi dopo vaccinazione anti COVID-19.

Aumentata produzione di TGF. 

L’interazione tra la Spike di SARS-CoV-2 e il recettore ACE2 porta alla produzione della citochina TGF-β da parte di cellule quali: macrofagi alveolari e tissutali, cellule epiteliali polmonari, cellule endoteliali, linfociti B. TGF è un fattore di crescita in grado di indurre in cellule già differenziate una “regressione” verso lo stato mesenchimale (stato proprio delle prime fasi della vita embrionale), con capacità di metastatizzare e maggiore aggressività biologica.

Questo processo è noto come  EMT: «Epithelial to Mesenchimal  Transition» e potrebbe ben spiegare la particolare rapidità di insorgenza ed evoluzione delle forme tumorali insorte a seguito della somministrazione di questi prodotti. (27)

Presenza di  plasmidi e sequenze di DNA del SV40, (Simian Virus 40) 

Si tratta di contaminanti dei vaccini mRNA, denunciati dalla Dott.ssa Lindsay e dal Prof Buckhaultus, come più sopra riportato, la cui presenza è di estrema gravità perchè implicano la possibilità che virus oncogeni e materiale estraneo si integrino nel DNA con conseguenze difficilmente prevedibili. Il Prof Buckhaultus  ha analizzato migliaia di campioni di saliva appartenenti a studenti, docenti, personale e residenti nel suo campus universitario in South Carolina, trovando il modo per sequenziare i frammenti del genoma del virus. Buckhaults  ha espresso la sua preoccupazione per il “rischio teorico, ma molto reale di cancro futuro in alcune persone, a seconda di dove pezzi di DNA estranei finiscano nel genoma, potendo interrompere un gene soppressore o attivare un oncogene”.

Secondo Buckhaults l’urgenza della crisi ha fatto si che si prendessero “molte scorciatoie” ed ha spiegato che per produrre il vaccino Pfizer sono stati utilizzati due diversi processi produttivi. Inizialmente si è utilizzato il metodo a reazione a catena della polimerasi (PCR) che permette di ottenere un prodotto di mRNA altamente puro. In seguito, per velocizzare il processo, Pfizer è passata a un metodo diverso, utilizzando batteri per produrre grandi quantità di “DNA plasmidico” (piccoli frammenti di DNA circolare).  In questo caso nel prodotto finale è presente sia DNA plasmidico che mRNA. Successivamente Pfizer ha cercato di risolvere il problema aggiungendo l’enzima deossiribonucleasi per sminuzzare il plasmide in milioni di piccoli frammenti, ma secondo Buckhaults, ciò ha aumentato i rischi perché più frammenti ci sono, maggiore è la possibilità che uno si inserisca nel genoma e  interferisca  con geni cruciali.

A questo proposito si ricorda che ad aprile 2023, Kevin McKernan – ex direttore della ricerca presso lo Human Genome Project del Massachusetts Institute of Technology (MIT) - ha pubblicato uno studio in pre-print (28) che affermava di aver rilevato DNA nel vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 una particolare sequenza genetica originata dal virus derivante dalle scimmie SV40, sequenza genetica nota come “promotore”. Ciò potrebbe aumentare l’espressione  di oncogeni e favorire l’insorgenza di cancro.

Case Report

Nella letteratura medica non sono stati reperiti purtroppo adeguati studi sperimentali ed epidemiologici circa il rischio cancerogeno dei “vaccini” mRNA anti COVID19; si è reperito un solo studio sperimentale su topi e 26 Case Report.

Lo studio sperimentale su animali era stato condotto su 28 topi con l’obiettivo di indagare la patogenesi della miocardite in seguito a vaccini mRNA anti COVID-19 ed ha fornito  un esito inaspettato. Quattordici animali hanno ricevuto soluzione salina, gli altri infusione endovenosa ad alte dosi di vaccino a mRNA (BNT162b2). Con sorpresa degli sperimentatori due giorni dopo la vaccinazione di richiamo (cioè 16 giorni dopo  la  prima), a sole 14 settimane di età, un topo BALB/c- razza non soggetta a patologie linfomatose - è andato incontro a morte spontanea con marcata organomegalia e diffusa infiltrazione maligna di cuore, polmone, fegato, rene, milza per neoplasia linfoide, compatibile con Linfoma Linfoblastico a cellule B ( vedi Fig 5). 

Gli Autori affermano che, sebbene una relazione causale tra il vaccino a mRNA anti COVID-19 e il Linfoma B osservato nell’animale non possa essere stabilita in modo inecquivocabile, la sequenza temporale degli eventi suggerisce il suo coinvolgimento in questa rara neoplasia ematologica (29).

Figura 5

 A: Referto necroscopico di topo deceduto due giorni da 2° dose Pfizer per Linfoma    Linfoblastico  B: Referto necroscopico  normale

 

Linfoma post vaccino

 

 

Quanto ai “Case Report”  si riferiscono a tumori insorti in stretta relazione temporale con i vaccini anti COVID-19. Sono casi aneddotici, di valore scientifico indubbiamente limitato, ma che,  alla luce delle dichiarazioni  pubbliche di illustri esperti (14-17), dell’aumento di mortalità per cancro in Inghilterra dai 15 ai 44 anni e dell’incremento di oltre il 65% negli anni 2021-2022 in Svizzera dei soggetti che hanno richiesto terapie antitumorali, si ritiene possano comununque rappresentare “campanelli d’allarme” da non trascurare.

Nel complesso si sono reperiti 26 casi, 24 dei quali riguardano patologie emolinfoproliferative.

Nello specifico si tratta di 8 casi di patologie linfoproliferative a fenotipo B, 10 a carico della linea T, 6 a carico della linea mieloide e due casi riguardano l’insorgenza di tumori solidi.

Una sintesi è riportata nelle Tabelle 1, 2, 3 che riportano rispettivamente i casi  a carico della serie linfoide suddivisi per fenotipo B, T e della serie mieloide.

Nei tumori del sistema emopoietico e nel melanoma la sorveglianza immunitaria svolge un ruolo di particolare rilievo: appare quanto meno “suggestivo”, alla luce delle importante alterazioni del sistema immunitario indotte dai vaccini mRNA, che siano proprio le patologie emolinfoproliferative quelle più descritte e che il maggior incremento di mortalità si sia registrato in UK per il melanoma.  

Tabella 1

Patologie Linfoproliferative  a fenotipo B dopo vaccini mRNA Covid 19

 

 

Caso n°

Sesso/età

(rif bib.)

Tempo da vac. a esordio

Istologia

Tipo vaccino

Sede di malattia

1

F/58 (30)

2 sett.

DBLCL

Pfizer

latero-cerv

2

F/80 (31)

1 giorno

Linfoma B zona marg

Pfizer

temporale

3

U/51 (32)

7 giorni

DBLCL

Astra Zeneca

mediastino

4

U/67 (33)

2 sett.

DBLCL

Pfizer

ascella

5

D/80 ( 33)

2 giorni

DBLCL

Pfizer

ascella

6

D/49 (33)

2 giorni

LAL B

Pfizer

midollo

7

D/47*(34)

pochi giorni

LAL B

Pfizer

midollo

8

D/43 (35)

pochi giorni

LAL B

Pfizer Bivalente Omicron

midollo

DBLCL: Diffuse Large Cell Lymphoma   LAL B : Leucemia Linfoblastica Acuta B  *Paziente da due anni in remissione dopo trattamento per Linfoma Non Hodgkin

 

 

 

Tabella 2

Patologie Linfoproliferative  a fenotipo T dopo vaccini mRNA Covid 19

 

Caso n°

Sesso/età

(rif bib.)

Tempo da vacc. a esordio

Istologia

Tipo vaccino

Sede di malattia

1

U/53(30)

3 giorni.

Linfoma T/NK extra nodale

Pfizer

Cavo orale

2

U/66(36)

1 sett.

Linfoma Angioimmunoblastico T

Pfizer

Lindonodi disseminati

3

U/73(37)

3 mesi

Linfoma extra nodale T

Pfizer

Sito di inoculo

4

D/28(38)

3 giorni.

Linfoma T simil Panniculite

Janssen

Sito di inoculo

5

U/48(39)

3 giorni

Linfoma T simil Panniculite

Moderna

Area periombelicale

6

U/76(40)

10 giorni

Linfoma T Anaplastico

Moderna

Sito di inoculo

7

U/60(41)

4 sett.

Ripresa Micosi Fungoide in trasformazione

Astra Zeneca

Cuoio capelluto

8

D/73(41)

2 giorni

Ripresa di Papulomatosi linfomatoide

Astra Zeneca

cute

9

U/66(42)

10 giorni

Linfoma anaplastico a grandi cellule ALK (CD30+)

Pfizer

Linfonodo latero cervicale

10

 

U/55(43)

2 giorni

Tcell Lymphoblastic Leukemia NK

Non spec

Linfonodo collo e Midollo

                                                          

Tabella 3

Patologie Mieloproliferative  dopo vaccini mRNA Covid 19  

 

Caso n°

Sesso/età

(rif. bib)

Tempo da vac. a esordio

Istologia

Tipo Vaccino

Sede di malattia

1

D/67 (34)*[6]

Pochi giorni

LAM

Pfizer

Midollo

2

U/60 (44)

1 mese

LAM

Pfizer

Midollo,cute

3

U/61(44)

30 giorni

LAM

Pfizer

Midollo

4

U/72(44)

5 settimane

LAM

Pfizer

Midollo

5

D/28 (44)

4 settimane

LAM

Pfizer

Midollo

6

D/78 (45)

poche ore

Leucemia Mielomonocitica

Jhonson

Midollo

 

I Case Report reperiti consistono nella grande maggioranza dei casi nell’insorgenza ex novo di patologie proliferative a carico della linea linfoide di fenotipo sia B che T. Il vaccino Comirnaty BioNTech/Pfizer è quello più coinvolto (16 casi).

L’insorgenza dei sintomi rispetto all’inoculo del vaccino è stata in genere breve: da qualche giorno a tre mesi; addirittura poche ore come nel caso della paziente, già affetta da sclerodermia, che ha sviluppato una Leucemia Mielomonocitica (44). In un caso l’insorgenza di Leucemia Linfoblastica Acuta si è avuto in donna di 47 anni da due anni in remissione per Linfoma NH (34), una Leucemia Mieloide Acuta è insorta in una donna di  67 anni, in remissione dopo trapianto allogenico da 14 anni eseguito per LAM. In questo caso la paziente aveva eseguito due somministrazioni con vaccino anti COVID-19 a virus inattivato 3 mesi prima e dopo il boster con Pfizer ha sviluppato repentinamente sintomi con diagnosi di LAM (34). In  due casi di Linfomi T vi è stata ripresa di patologie ben controllate quali Micosi Fungoide e Papulomatosi linfomatoide (41). Da segnalare l’insorgenza di linfoma in tre casi nel sito di inoculo (37, 38, 40) e in cinque casi nei linfonodi tributari (ascella, latero cervicali). Significativo  il caso del Linfoma angioimmunoblastico a cellule T (36) in  cui il soggetto è autore del lavoro e in cui si riporta una rapida progressione dopo booster. Il paziente, vaccinato con 2 dosi di Comirnaty alcuni mesi prima, aveva sviluppato una rara forma di linfoma ed aveva eseguito l’8 settembre PET/CT di stadiazione,  dopo quattordici giorni (22 sett.)  riceveva una dose di richiamo dello stesso vaccino in preparazione alla chemioterapia. Entro pochi giorni il paziente riportava un notevole gonfiore dei linfonodi cervicali destri e una seconda PET, 8 giorni dopo il boster, mostrava il netto aumento sia numerico che della attività metabolica delle linfoadenopatie preesistenti a livello sopra- e sub-diaframmatico, nonché nuove lesioni (vedi Figura 7)

Per tumori solidi insorti a breve distanza dalla vaccinazione mRNA Covid 19 in un caso  vi è stata ripresa di melanoma metastatico alla mammella in una donna di 64 anni, con anamnesi significativa per melanoma cutaneo precedentemente asportato (46). In un altro si è avuta la comparsa di un sarcoma  aggressivo in donna di 64 anni nel sito di iniezione a  distanza di pochi giorni  dalla seconda dose  del vaccino Moderna (47).

 

Figura 6

Immagine PET in un caso di Linfoma Angioimmunoblastico in corso di stadiazione prima e 8 giorni dopo somministrazione di boster con Pfizer

 Immagine PET di un linfoma insorto dopo richiamo di vaccino anti COVID-19 della Pfizer

Conclusioni

Lo sviluppo e la rapida commercializzazione dei vaccini mRNA contro COVID-19 hanno rappresentato una sfida senza precedenti a livello globale. Questi preparati sono stati utilizzati su larga scala nella grande maggioranza dei paesi occidentali, in tutte le età e in  tutte le fasce di popolazione, anche quelle più giovani, poco o nulla colpite da Covid 19, comprese le donne in gravidanza e in allattamento anche se escluse dagli studi registrativi. Le motivazioni addotte per indurre alla somministrazione del farmaco e le informazioni fornite sono risultate scarse, frammentarie e spesso non veritiere in quanto si tratta di preparati in grado di offrire una protezione transitoria dalla malattia grave, ma non sterilizzanti e non tali da impedire la trasmissione dell’infezione.

A queste innegabili criticità si stanno aggiungendo quelle derivanti dalla comparsa di eventi avversi, alcuni dei quali di recente ammessi nelle schede informative,  quali mio/pericarditi anche con esito fatale. L’incremento di casi di cancro, anche molto aggressivi in persone giovani e l’inaspettata ripresa di tumori da tempo guariti o stabili a seguito della somministrazione dei vaccini mRNA anti COVI-19, sono eventi sempre più segnalati a livello internazionale e in modo indipendente da esperti oncologi e ricercatori ed alcune pubblicazioni in tal senso sono già disponibili.

La crescente conoscenza degli effetti indotti da tali farmaci sull’organismo umano, specie a livello del sistema immunitario, offre consistenti prove sulla plausibilità biologica di una loro potenziale azione cancerogena. In particolare l’incremento di IgG4, l’interferenza con geni oncosoppressori, l’alterazione dei meccanismi di riparo del DNA, la sovraespressione della proteina di morte cellulare nei linfociti T1, rappresentano indubbiamente elementi facilitanti la tolleranza immunitaria nei confronti di cloni neoplastici nonchè la stessa trasformazione neoplastica.

L’aumento nella la produzione di TGF-β, fattore che favorisce da transizione epitelio-mesenchimale, ovvero l’acquisizione da parte cellule già differenziate di proprietà proprie dello stato embrionale quali motilità e neovascolarizzazione - tipiche del processo di metastatizzazione -può fornire una ragione della particolare aggressività delle forme tumorali riscontrate.

Il reperimento poi all’interno dei vaccini mRMA di pericolose sequenze come quelle di virus oncogeni come  SV40 o di plasmidi in grado di integrarsi nel genoma rende ancora più inquietante il quadro complessivo, rendendo inderogabile avviare adeguate indagini attraverso studi sia sperimentali  che epidemiologici. Si auspica che nel nostro paese si proceda ad una adeguata segnalazione e raccolta dei dati relativi all’incidenza di cancro, di cui si registrano incomprensibili ritardi. Solo su dati certi, anche se relativi solo a qualche regione o  ASL, sarebbe possibile avviare studi epidemiologici caso/controllo e di confronto fra vaccinati/non vaccinati, in modo – ci auguriamo – da fugare ogni dubbio circa un potenziale effetto cancerogeno di questi prodotti.

Ciò appare tanto più urgente dal momento che si prevede la messa a punto di farmaci/vaccini  con tecnologia a mRNA anche per numerose altre malattie, sempre che il fondamentale principio dell’ Ars Medica  “Primum non nocere” non sia già tramontato.

 

 

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[6] Paziente in remissione completa dopo trapianto allogenico per LAM nel 2007,  eseguite 2 dosi vaccino inattivato nel luglio 2021, a sett.2021 dopo  dose Pfizer comparsa di astenia e diagnosi di LAM

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